FlavioStocco FlavioStocco

Patelli Paolo

BIO

Nato ad Abazia, in Istria, nel 1934, da una famiglia veneziana che vi era emigrata alla fine dell'ottocento, ho lasciato con molti altri la mia terra nel 1947, per trasferirmi nel Veneto,
dove tuttora vivo. Ho completato studi universitari di chimica e poi farmacia all'Università di Padova, dove ho svolto per un periodo ricerca scientifica sulla radioattività con Croatto e
Vittoria Santoro. Abbastanza casualmente, trascurando poesia e lettura che erano i miei primi interessi,sono approdato alla pittura, da autodidatta e in buona parte spinto da una generica insoddisfazione esistenziale.Una brevissima e insoddisfacente esperienza in una scuola di acquerello diretta da Kokoschka è l'unico contatto avuto con l'insegnamento accademico ed ha contato molto meno della presenza alle lezioni di Daisetz Teitaro Suzuki negli anni cinquanta. Incoraggiato all'inizio da Giuseppe Marchiori e Umberto Apollonio, ho seguito la normale trafila di mostre personali e collettive, cercando di leggere e viaggiare il più possibile.
Parigi e la Svezia negli anni cinquanta,poi Londra e la Scozia, infine New Jork, sono stati i luoghi formativi,ma la costante è rimasta il vivere in campagna e lavorare nello studio il
più possibile.
Sono arrivato all'insegnamento nell'età in cui gli altri smettono,ritenendo prima di non avere nulla da dire,e comunque temendo di inaridirmi nella scuola se fatta con l'impegno che intendo. Ho così insegnato pittura per pochi anni all'Accademia Belle Arti di Venezia, ed ho tenuto corsi e letture a Sheffield,Norwich,Atlanta e per diversi anni alla New Jork University.
Il primo disco di jazz è uno Stan Getz nel 1951,e il jazz è rimasto il principale compagno, poi seguito da rock,punk,avanguardia di ogni tendenza,e Bach,il sommo: ina vita costantemente accompagnata dalla musica, che ha influenzato non poco la pittura. Ma la biografia coincide troppo con la mia opera pittorica per essere narrata altrimenti che con un interminabile elenco di accadimenti sentimenti esperienze di ogni tipo,alcuni grandi o tragici,per lo più piccolissimi.
Allora le infinite visite al quadro do Gorky della casa di Peggy(dipinto negli anni quaranta, era nel 1952 una cosa incredibile).O "Topolino e Macchia nera" nel 1941,"Aden Arabia" appena scritto, il concerto di Mingus a Milano nel 1964, o quello di Dolphy a Stoccolma in un appartamento nel 1959,il tempio di Hagar Qim a Malta nel 1975, e Callanish,la "Flagellazione di Marsia" e la variazione sull'Offerta musicale di Bach composta da Webern e ascoltata nei primi Cinquanta.
E poi "The Tempest"(anche quella di Greenaway), e nuotare in una certa piscina blu scuro dopo il tramonto.Una autobiografia così è inutile se c'è l'opera, perchè io spero che tutto,o molto, sia in essa.Scuole,Università,Musei,maestri sono gli stessi per tutti, contano molto poco.Posso dire che ho sempre privileggiato l'isolamento, che ho un doppio grandissimo studio in una vecchia filanda,tra Venezia e Treviso.
Vorrei citare le parole di un jazzista,William Parker, quando dice che "la differenza è tra chi crede che il proprio lavoro possa cambiare il mondo e chi vuole solo vendersi". Cosa che ovviamente non va d'accordo con un'arte griffata e ripetitiva e che trascuri l'intensità.

S.T.
2006
49,5 x 50,5

tecnica mista su carta

S.T.
2006
23,5 x 20

tecnica mista su carta

Segnale
1964
130 x 130

Acrilico su tela

Il mare a Sambughè
2007
107 x 73

Tecnica mista su tavola

Cantata 25
2006
50,5 x 49,5

tecnica mista su carta